accompagnata da una guida interna. Una carissima amica e collega da sempre mi ha reso parte della sua passione per una poetessa del ‘900, bolognese, straordinaria frequentatrice dell’inconscio e di Dante, di cui dice, cito: un poeta che ad ogni singola cosa, del visibile e dell’invisibile, prestasse l’identica misura di attenzione, così come l’entomologo s’industria ad esprimere con precisione l’inesprimibile azzurro di un’ala di libellula, questi sarebbe il poeta assoluto. E’ esistito, ed è Dante. Il caso vuole che questa amica si chiami Beatrice, e la poetessa ispiratrice Vittoria Guerrini, in arte Cristina Campo.
Con la precisione che fa del poeta un ‘cesellatore’ di parole, la Campo ci indica a cosa rivolgere l’attenzione, chiave della sua poetica, mentre i paesaggi danteschi si susseguono sotto il dito che solca le terzine, attenzione che apre ai mondi interni.
A. Innanzitutto, il governo del linguaggio che per Dante, nonchè la Campo, nel suo esercizio di perfezione, diventa atto liturgico, rito, pratica di devozione spirituale attraverso le sue regole che mirano alla compiutezza assoluta, trasmutando l’esperienza letteraria in adorazione del Divino che sazia i sensi soprannaturali per sentire l’invisibile, toccare Dio. L’Opera dantesca infatti è pervasa di spirito analogico, la geniale abilità poetica-profetica di saper volgere la verità in figure.
B.Quindi, la metafora: sostanza materna di ogni figura allegorica, sapienziale strumento del desiderio, figura sensibile. Si può pensare alla Commedia come un’unica grande metafora che condivide con il sogno gli stessi processi creativi descritti da Freud nell’Interpretazione dei sogni (1900): condensazione, spostamento, dispersione, drammatizzazione, identificazione, rappresentazione dell’opposto, portano sulla scena di un teatro interno, ma universale, la rappresentazione di un’idea che viene camuffata, ma che conserva la radice della sua verità nel simbolo che fa le sue veci. Vedere anime torcersi nel fuoco e ravvisare nell’orgoglio un manto di piombo, dice la Campo, è una suprema forma di attenzione del poeta nel cogliere un preciso aspetto del Sé, un elemento sensoriale, e spostarli in un simbolo, la cui rappresentazione giunge immediatamente alla mente del lettore attivando la possibilità di rispecchiarsi nelle emozioni patite dai personaggi della Commedia, per poi riappropriarsene arricchite di significato. Questo processo mentale che porta un nome legato al ‘sognare’, réverie, spiega Bruschi ai giovani lettori, affonda le radici nella comunicazione primaria tra mamma e bambino, diventa strumento di cura tra psicoanalista e paziente ed ha a che fare con la capacità di accogliere dentro di sé le emozioni dell’altro e di riuscire a sognarle, a ‘metaforizzarle’, dando loro la forma di un’immagine che aiuti a comprenderle e pensarle.
C.Infine, di nuovo il tema del viaggio, questa volta dentro alla fiaba della nostra vita. Racconta la Campo: Il cammino dell’eroe della fiaba inizia senza speranza terrena, l’impossibile è figurato da una montagna e l’idea di affrontarla muove un tale sentimento che sradica la montagna dalla sua base rovesciandola sulla sua cima: impressionante il riverbero di questo pensiero della poetessa con il paesaggio dell’Inferno dantesco, con il sogno dell’autore, con il viaggio di una psicoanalisi, con il cammino di un ragazzo/a attraverso l’adolescenza. In tale viaggio di sforzo e di pazienza [dice ancora la Campo] La meta cammina al fianco del viaggiatore, in realtà egli l’ha in sé da sempre e viaggia verso il centro immobile della sua vita: il bosco, lo speco vicino alla sorgente, la grotta – là dove infanzia e morte, allacciate, si confidano il loro reciproco segreto: la meta dunque concepita dai nostri accompagnatori (il poeta, lo psicoanalista, l’autore e la poetessa) non è considerata un obiettivo da raggiungere, non è un andare verso, ma un andare dentro.
In un mondo così orientato all’esterno, alla superficie, maniacalmente proiettato sempre verso il prossimo obiettivo, come quello in cui viviamo e in cui i giovani crescono, l’impegno di Franco nel
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Presentazione del libro “Dante precursore di Freud” di Franco Bruschi – dott. ssa Paola Vaccari
PRESENTAZIONE
Questo prezioso lavoro sembra un testimone ceduto in corsa ai giovani studenti che, nella speranza di sfangare un’interrogazione, si ritrovano invece accompagnati dall’autore in un viaggio al centro di loro stessi, così come Dante fu introdotto da Virgilio nell’oltremondo. Un lascito di sostanza, un incoraggiamento a pensare alle cose dopo averle attraversate, vissute, percepite, guardate, ri-significate ed accettate, nell’atto stesso di scendere nell’intricata e oscura selva dei significati emozionali, affettivi, personali, interpersonali, sociali, collettivi, universali.
Franco, come abbiamo avuto modo di capire, appassionato di psicoanalisi vissuta sulla propria pelle psichica, prima come paziente, poi come psicoanalista di bambini, adolescenti, adulti e gruppi, offre un’integrazione tra la poetica dantesca e il pensiero psicoanalitico che vede in Freud il suo iniziatore, ma che arricchisce anche con gli apporti di altri grandi pensatori della psicoanalisi. Questo sforzo letterario non ha uno scopo didattico e non vuole mettersi in coda rispetto al materiale oceanico scritto nei secoli sul Poeta e su Freud, tanto meno ha la presunzione di dare letture risolutive, ma sembrerebbe più un invito a continuare ad associare.
In questo senso il libro è di gradevole lettura, appassionante; riporta sui banchi di scuola liberi dall’ansia di un’interrogazione e nella sorpresa del re-incontro con vecchie conoscenze di cui sono state perse le tracce, ma basta un accennato contatto con il dolore di cui esse sono stendardo, che la mente ne rievoca la piena immagine e le intricate storie. Si legge d’un fiato. Allo stesso tempo attiva una complessità di piani di lettura che si intersecano tra di loro e che hanno sul lettore una sorta di effetto a lento rilascio.
Vorrei ora portare l’attenzione su alcuni temi-guida nell’opera.
1.Innanzitutto Bruschi presenta un interessante gioco di coppie allo specchio: Virgilio, guida-maestro-profeta, insieme a Dante, pellegrino attraverso i tre regni, riecheggiano nella coppia Freud-psicoanalista e paziente-esploratore dei ‘regni’ del proprio mondo interno, a cui risponde
l’autore che fa coppia con un ipotetico studente-adolescente a cui si rivolge per rinvigorire un nutritivo dialogo sul mondo interno ed esterno, durante il lungo viaggio trasformativo che dall’infanzia traghetta i ragazzi verso la giovinezza.
2. In seconda battuta, lo strumento comunicativo: la prima coppia (Virgilio-Dante) si esprime con il linguaggio del poema-fiaba; la seconda (analista-paziente) attraverso il linguaggio del sogno, le libere associazioni, il pensiero psicoanalitico; la terza (autore-giovane lettore) dialoga associando i contenuti emergenti dalla lettura del testo poetico e delle vicende narrate con quelli emergenti nella società contemporanea, forse temi che non tramontano mai, ma che necessitano di costanti contestualizzazioni e risignificazioni.
Bisogna ricordare che il primo incontro con la Commedia avviene proprio in adolescenza, sui banchi di scuola e ciò spesso, talvolta purtroppo, non si associa con la possibilità di apprezzarla come possibile bussola per l’esplorazione di dimensioni anche interne. Soliti ad essere interrogati su parafrasi, figure retoriche, stili, contenuti, ecc, più raramente usi ad interrogarsi sul lavoro interno che l’Opera genera in loro stessi, spesso i ragazzi non avvertono che la Commedia è in continuità con quella forma narrativa da poco salutata, la fiaba, e con il lavoro del loro geniale poeta interno, l’inconscio, che si esprime attraverso la poesia e si esplora attraverso la psicoanalisi.
Freud, ne Il poeta e la fantasia (1907)- dice che, cito, il poeta sta alle sue opere come il sognatore di pieno giorno sta ai sogni ad occhi aperti. […] Questi prendono le mosse da un’impressione attuale, un’occasione offerta dal presente e suscettibile di risvegliare uno dei grandi desideri del soggetto; di là si collega al ricordo di un’esperienza anteriore, risalente in genere all’infanzia, in cui quel desiderio veniva esaudito e crea quindi una situazione relativa al futuro che egli si raffigura quale appagamento del desiderio. Dunque, passato, presente e futuro, come infilati al filo del desiderio che li attraversa.
Date queste premesse, potremmo allora dire, per ciò che riguarda la sua indagine letteraria, che Franco Bruschi potrebbe aver colto uno dei riposti compiti della Divina Commedia, forse l’elaborazione di un profondo e doloroso lutto del poeta. Allora l’occasione offerta dal presente, la morte di una donna investita di amor cortese, Beatrice Portinari, risveglia un desiderio infantile del poeta, forse il ritorno alla fusionale condizione materno-fetale, e apre ad un viaggio che guarda al futuro, pregustando l’appagamento di un desiderio sempre più spirituale, il raggiungimento di, cito, terre nuove, cieli nuovi intorno al proprio spirito trasformato.
Dall’altra parte viene spontaneo domandarsi quale desiderio dell’autore viene appagato dalla scrittura di questo libro? Un sogno notturno di Franco ci svela l’incessante necessità di elaborazione che anche in età matura rimette in sella il sognatore verso nuovi viaggi, come quello per esempio di ripensare la Divina Commedia. Racconta Bruschi: mi ritrovavo a dover scalare una montagna; le gole erano strette e s’inerpicavano sul monte per un sentiero angusto che cercavo di percorrere con una vecchia moto, con la quale tentavo di salire trovando tuttavia molte difficoltà che poi mi facevano svegliare.
La scena onirica scalata con fatica nonostante la ‘vecchia motocicletta’ si fa metafora di desideri, curiosità, necessità di rimettersi costantemente nella dimensione del viaggio, esperienza tra l’altro condivisa da tutti i personaggi sulla scena di questo libro, letterari e reali, me inclusa, coinvolta, anche se per un breve tratto, a partecipare di questo cammino.
Fedele all’organizzazione di questo viaggio psico-letterario, per cui ogni personaggio è affiancato dalla propria guida, mi sono accostata al compito di introdurre l’opera di Franco pure io
accompagnata da una guida interna. Una carissima amica e collega da sempre mi ha reso parte della sua passione per una poetessa del ‘900, bolognese, straordinaria frequentatrice dell’inconscio e di Dante, di cui dice, cito: un poeta che ad ogni singola cosa, del visibile e dell’invisibile, prestasse l’identica misura di attenzione, così come l’entomologo s’industria ad esprimere con precisione l’inesprimibile azzurro di un’ala di libellula, questi sarebbe il poeta assoluto. E’ esistito, ed è Dante. Il caso vuole che questa amica si chiami Beatrice, e la poetessa ispiratrice Vittoria Guerrini, in arte Cristina Campo.
Con la precisione che fa del poeta un ‘cesellatore’ di parole, la Campo ci indica a cosa rivolgere l’attenzione, chiave della sua poetica, mentre i paesaggi danteschi si susseguono sotto il dito che solca le terzine, attenzione che apre ai mondi interni.
A. Innanzitutto, il governo del linguaggio che per Dante, nonchè la Campo, nel suo esercizio di perfezione, diventa atto liturgico, rito, pratica di devozione spirituale attraverso le sue regole che mirano alla compiutezza assoluta, trasmutando l’esperienza letteraria in adorazione del Divino che sazia i sensi soprannaturali per sentire l’invisibile, toccare Dio. L’Opera dantesca infatti è pervasa di spirito analogico, la geniale abilità poetica-profetica di saper volgere la verità in figure.
B.Quindi, la metafora: sostanza materna di ogni figura allegorica, sapienziale strumento del desiderio, figura sensibile. Si può pensare alla Commedia come un’unica grande metafora che condivide con il sogno gli stessi processi creativi descritti da Freud nell’Interpretazione dei sogni (1900): condensazione, spostamento, dispersione, drammatizzazione, identificazione, rappresentazione dell’opposto, portano sulla scena di un teatro interno, ma universale, la rappresentazione di un’idea che viene camuffata, ma che conserva la radice della sua verità nel simbolo che fa le sue veci. Vedere anime torcersi nel fuoco e ravvisare nell’orgoglio un manto di piombo, dice la Campo, è una suprema forma di attenzione del poeta nel cogliere un preciso aspetto del Sé, un elemento sensoriale, e spostarli in un simbolo, la cui rappresentazione giunge immediatamente alla mente del lettore attivando la possibilità di rispecchiarsi nelle emozioni patite dai personaggi della Commedia, per poi riappropriarsene arricchite di significato. Questo processo mentale che porta un nome legato al ‘sognare’, réverie, spiega Bruschi ai giovani lettori, affonda le radici nella comunicazione primaria tra mamma e bambino, diventa strumento di cura tra psicoanalista e paziente ed ha a che fare con la capacità di accogliere dentro di sé le emozioni dell’altro e di riuscire a sognarle, a ‘metaforizzarle’, dando loro la forma di un’immagine che aiuti a comprenderle e pensarle.
C.Infine, di nuovo il tema del viaggio, questa volta dentro alla fiaba della nostra vita. Racconta la Campo: Il cammino dell’eroe della fiaba inizia senza speranza terrena, l’impossibile è figurato da una montagna e l’idea di affrontarla muove un tale sentimento che sradica la montagna dalla sua base rovesciandola sulla sua cima: impressionante il riverbero di questo pensiero della poetessa con il paesaggio dell’Inferno dantesco, con il sogno dell’autore, con il viaggio di una psicoanalisi, con il cammino di un ragazzo/a attraverso l’adolescenza. In tale viaggio di sforzo e di pazienza [dice ancora la Campo] La meta cammina al fianco del viaggiatore, in realtà egli l’ha in sé da sempre e viaggia verso il centro immobile della sua vita: il bosco, lo speco vicino alla sorgente, la grotta – là dove infanzia e morte, allacciate, si confidano il loro reciproco segreto: la meta dunque concepita dai nostri accompagnatori (il poeta, lo psicoanalista, l’autore e la poetessa) non è considerata un obiettivo da raggiungere, non è un andare verso, ma un andare dentro.
In un mondo così orientato all’esterno, alla superficie, maniacalmente proiettato sempre verso il prossimo obiettivo, come quello in cui viviamo e in cui i giovani crescono, l’impegno di Franco nel
cercare relazioni tra il viaggio dantesco, il viaggio di un paziente in analisi, il viaggio attraverso un’adolescenza e poi il viaggio degli eroi di fiaba descritti dalla Campo, sembra indicare un’altra via: quella di muoversi verso di sé, come fanno i marinai in mare che, per ritrovare la rotta smarrita, avanzano di ritorno, procedono cioè in senso opposto rispetto alla direzione fino allora seguita. Ecco perché per raggiungere la saggezza va disimparato il cercare e imparato il trovare: quando il protagonista della fiaba accetta di perdere tutto e procede con il coraggio dell’impossibile, a quel punto trova non soltanto l’oggetto del suo impossibile amore, ma tutti quelli a cui seppe rinunciare per esso. Non soltanto la sua vita che non volle salvare, ma le vite di tutti quelli che ebbero parte – buona o cattiva – alla sua avventura.
Concludo con una fiaba suggerita dalla Campo che è esattamente speculare ai percorsi simbolici più volte narrati e citati in questo libro, una fiaba nella quale il viaggio è oltremondano: una bambina parte alla ricerca di una madre morta. Al di là di foreste ed oceani, di città labirintiche, di monti fragorosi e di cadaveriche pianure, viene indicato alla bambina il giardino del paradiso. E’ il primo luogo amabile che lei incontri. Ma di lì a poco le altissime querce, le purpuree foglie turbinose, le appariranno familiari: è la foresta vicino alla sua casa, là dove si era perduta all’inizio del pellegrinaggio, un punto immobile dal quale la sua anima non partì mai. Ed è senza meraviglia che poco dopo vede sua madre: seduta in un piccolo speco, una grotta, vicino alla sorgente cara ai suoi primi giochi.
Qui giunge il viaggio nel lutto di Dante che ritrova Beatrice, del paziente in psicoanalisi che ritrova parti di sé più integrate, dell’autore che ritrova se stesso in sella alla vecchia moto verso un necessario viaggio di sempre più matura conoscenza, dell’adolescente che ritrova ciò che, nel suo peregrinare, ha accettato di perdere: l’oggetto del suo primo e futuro amore.
Paola Vaccari